Una tradizione popolare meridionale voleva che all’origine del mal di testa fosse il malocchio. Per cacciarlo si ricorreva ad un rituale servendosi di piatti. Due parallelepipedi ortogonali formano il supporto da un lato per dei sacchi di juta piegati con cura di fronte ad una lastra forata, dall’altro, cavo, sono poggiate in ordine venticinque piatti rovesciati. Su ogni fondo campeggia la silhouette di un occhio, a volte simile al profilo di un pesce. Il richiamo sincretico di questa opera, al male, al cibo e al pesce fa contemporaneamente di questa opera un oggetto apotropaico e propiziatorio. Le parole che accompagnavano il rito venivano svelate in un momento particolare dell’anno a pochi iniziati e il testo veniva conservato gelosamente in un panno, qui rappresentato dalla tela di juta piegata e sigillata da un nastro di ferro.